mercoledì 26 settembre 2012

26 Settembre 1988
Mauro Rostagno 46 anni, sociologo e giornalista

Basta guardare una sua foto, in particolare i suoi occhi, per capire chi era Mauro Rostagno: un genio. Era nato a Torino nel 1942, famiglia di dipendenti Fiat, quartieri popolari. Un matrimonio e una figlia a diciott’anni, poi l’inquietudine e i viaggi in giro per l’Europa: Germania, Inghilterra, Francia. Intanto un po’ di giornalismo impegnato, le prime proteste contro il regime franchista spagnolo, poi l’università a Trento, la prima facoltà di Sociologia d’Italia, fucina della prima contestazione. Le occupazioni, il Movimento, i confronti con docenti stimolanti come Beniamino Andreatta e Giorgio Galli (c’è pure Alberoni). L’amicizia con Curcio e Mara Cagol, che poi imbracceranno la lotta armata, ma anche con cani sciolti del libertarismo come Aldo Ricci.

E poi con i “compagni” che assieme a Mauro fonderanno Lotta continua nel 1969: Luigi Boccio, Viale, Sofri, Langer, Deaglio, Pietrostefani, Boato. Ma lui rimane un irregolare, un marxista libertario fuori dagli schemi. Infatti lo mandano in Sicilia. Sciolta Lotta continua anche grazie a lui (molti dirigenti e attivisti hanno iniziato a sparare e a delinquere sotto le insegne di Prima Linea), si trasferisce a Milano per un’esperienza più simile al suo carattere irrequieto e creativo, borderline: “Macondo”, locale, centro culturale, ritrovo “alternativo”.

Conosce Chicca Roveri e parte con lei per l’India, dove indossa la tunica arancione col nome di Swami Anand Sanatano. Nel 1981 torna in Sicilia, a Trapani, la città più mafiosa dell’isola, e fonda “Saman”, comunità di meditazione e di disintossicazione per tossicodipendenti, assieme alla Roveri e a Francesco Cardella, il santone-faccendiere che traffica con Craxi. Ben presto Rostagno viene emarginato anche lì, e si concentra sul giornalismo d’impegno antimafia, animando con le sue denunce coraggiose ma sempre creative, anticonformiste, geniali, una piccola tv privata: Radio Tele Cine (Rtc).

Lo abbattono a fucilate a 46 anni, la notte del 26 settembre 1988, pochi giorni dopo l’arresto di Sofri, Bompressi e Pietrostefani per l’assassinio del commissario Calabresi. Fra gli indagati c’è anche Rostagno, che anziché gridare al complotto ha subito chiesto di essere sentito e avrebbe dovuto essere interrogato due giorni dopo la sua morte. Indagando sull’assassinio di Mauro, i magistrati battono prima la pista “interna” a Saman, incriminando Cardella, la Roveri più alcuni tipi loschi che gravitavano attorno alla comunità. Poi imboccano la pista mafiosa e mandano a giudizio il boss di Trapani, Vincenzo Virga. Un processo deciderà se è stato lui a ordinare quel delitto per molti versi inspiegabile che ha privato l’Italia di uno dei figli migliori, il più candido e il più controcorrente, della stagione del Sessantotto. Uno dei pochissimi che non avevano fatto carriera.
Così muore un italiano di Marco Travaglio, Il Fatto quotidiano 6 Ottobre 2010