mercoledì 22 febbraio 2012

E' abbastanza comune ascoltare commenti infastiditi in occasione della Giornata della Memoria. Gli ebrei di qui, gi ebrei di là, come se fossero stati solo loro a soffrire, ma perché tutta questa pubblicità, e cose di questo tipo.

Due popoli si possono odiare, e se uno dei due prevale in guerra può sterminare l'altro. E' successo, e probabilmente succederà ancora.

Ma privare centinaia di migliaia in patria e milioni all'estero della cittadinanza;
Separarli dalle loro comunità nazionali in un intero continente;
Condurli alla morte, nei modi più umilianti possibili, con grande creatività;
Farlo in contrasto con qualunque criterio di economia e ragionevolezza, andando contro a primarie esigenze belliche;
E tutto questo sulla base di un'ideologia ridicola e traballante, per volontà precisa di un individuo con serissimi problemi psicologici;

ecco, tutto questo è successo una sola volta, e credo lo si possa tranquillamente reputare un evento assolutamente straordinario.
Episodi simili, avvenuti in Europa, neanche 70 anni fa, praticamente negli stessi luoghi in cui viviamo, a me non risultano.

Anche la dimensione ha un suo peso. Uccidere 100 persone non è la stessa cosa che ucciderne 1 milione, e sotto parecchie categorie oggettive potrebbe senz'altro definirsi "peggio".

L'unicità dell'Olocausto appare evidente, mi sembra difficile negarne le particolarità senza che ci siano secondi fini.

Io non ho, per altri genocidi, la conoscenza che ho della Shoah; ma per quello che vedo, riconosco delle particolarità comuni:
l'obiettivo di chi massacra è la conquista delle terre e dei beni dei massacrati. Ed in un'ottica di economizzare gli sforzi, la tattica migliore risulta questa:

si stermina un certo numero di persone, nella maniera la più efferata possibile, senza fare nessuno sforzo di nascondere la notizia. E si lascia che tutti quelli che possono (o che fanno in tempo) scappino in preda al terrore, lasciando - appunto - le terre e le proprietà ai massacratori.

Ottenuto questo scopo, gli assassini sono felici. In Ruanda gli Hutu non dichiararono guerra ai paesi confinanti, non li invasero allo scopo di prendere possesso dei campi profughi e sterminare i tutsi superstiti. Non era loro interesse, il loro odio si fermava al confine.

Pià che genocidio, è corretto parlare di pulizia etnica, che usa il genocidio come strumento per "ripulire" il territorio. In nessuno di questi casi il genocidio fu scopo in se', addirittura in contrasto con qualunque criterio di efficienza.

Gli ebrei polacchi e russi in massima parte appartenevano agli strati sociali più poveri; artigiani al massimo, ma in buona parte proletari urbani, piccoli contadini. C'era pochissimo che si potesse togliere loro.
All'estremo opposto c'erano gli ebrei tedeschi, perfettamente integrati nella società, inseriti in ruoli altamente produttivi. Potevano dare - da vivi - molto più che da morti; ma a questo nessuno badò.

Che dire degli industriali berlinesi che, avuto sentore di una retata, nascondevano i propri operai specializzati ebrei in fabbrica, per evitare di non rivederli il giorno dopo? Che si può pensare di un paese in guerra che rinuncia così alla propria manodopera?
Che impegnato in una lotta mortale con l'Armata Rossa, distoglie centinaia di tradotte dal fronte per portare gli ebrei europei alla morte?
Che impiega decine di migliaia di uomini validi non a proteggere la patria, ma ad ammazzare civili inermi?

Come si può difendere, anche solo sul piano oggettivo, una tale straordinaria follia?

perché Dresda?

Le principali città tedesche erano ormai state occupate o ridotte a cumuli di macerie, non c'erano più molti obiettivi che valesse la pena di colpire.

La Luftwaffe ormai costretta al suolo, le incursioni erano diventate economiche, con percentuali di perdite irrisorie. Gli aerei dovevano solo volare e sganciare le bombe, le missioni erano diventate poco più pericolose che voli di addestramento.

Ormai gli alleati stavano cominciando a colpire le cittadine piccole, quelle con 50.000 abitanti o meno. Dresda era l'unica grande città che fosse rimasta più o meno intatta.
Reggeva poi un discreto traffico ferroviario, che poteva avere una qualche utilità militare.

Ma oggettivamente fu uno spreco, il motivo reale fu che c'era un eccesso di forza militare da utilizzare rispetto agli obiettivi rimanenti.

Un buon libro sull'argomento, che nulla nasconde della realtà dei bombardamenti alleati, è la Germania bombardata.
 
Non è tanto un'analisi militare (per quella consiglierei altri libri, ma forse andiamo troppo sullo specifico), quanto uno studio sulla popolazione, il patrimonio artistico, le conseguenze materiali e psicologiche dei bombardamenti.