lunedì 20 maggio 2013

20 Maggio 1914
Mariano Barbato 66 anni, socialista
Giorgio Pecoraro 60 anni, socialista

Piana dei Greci (Palermo) viene assassinato il dirigente socialista Mariano Barbato, cugino di Nicola Barbato, uno dei dirigenti più prestigiosi del movimento contadino, assieme al cognato Giorgio Pecoraro.

«Verso le ore 7,30 del 20 andante (20 maggio 1914 – n.d.r.), in contrada Cardona di questo territorio, mentre Barbato Mariano fu Giuseppe, d’anni 66, possidente pregiudicato, Percoraro Giorgio fu Nicolò, d’anni 60 contadino e Ciulla Vito fu Crisostomo d’anni 54, muri fabbro, tutti da qui, erano intenti alla costruzione di un muro a secco in un fondo del primo, furono avvicinati improvvisamente da tre sconosciuti i quali, dopo averli salutati, esplosero contro di loro simultaneamente vari colpi di fucile, due dei quali rendevano all’istante cadavere il Barbato e il Pecoraro, restando miracolosamente incolume il terzo operaio nella persona del Ciulla suddetto…».
Il linguaggio dei Reali Carabinieri della Stazione di Piana dei Greci, che alle 22 del 20 maggio 1914 stesero questo rapporto, è ovviamente burocratico. Ma «comunica» perfettamente il cinismo e il sangue freddo dei killer di mafia, che – di giorno e a viso scoperto – uccisero due contadini, risparmiando il terzo, per poi allontanarsi dal luogo del delitto «a passo regolare», senza fretta. Non uccisero anche il Ciulla perché si trovava lì casualmente e, ovviamente, aveva dato «garanzie» che mai avrebbe fatto i nomi degli assassini. Le due vittime non erano persone sconosciute, ma due militanti del Partito socialista di Piana dei Greci (l’attuale Piana degli Albanesi). In particolare, Mariano Barbato era «braccio destro» e cugino di Nicola Barbato, ormai famoso «apostolo» del socialismo siciliano, conosciuto in tutt’Italia. Il duplice delitto destò grande impressione a Piana, anche perché ormai erano alle porte le elezioni amministrative, che i socialisti si apprestavano a vincere. Sembrò, quindi, un «messaggio» ai futuri vincitori per condizionarli e al loro leader politico, Nicola Barbato.
In effetti, Mariano rappresentava un po’ la tradizione di lotte contadine a Piana, anche perché il suo impegno politico era iniziato prima ancora dell’avvento dei Fasci. Già nel 1882 era stato arrestato con altri lavoratori per «istigazione all’ammutinamento dal lavoro durante uno sciopero contadino», racconta Francesco Petrotta nel volume «Politica e mafia a Piana dei Greci da Giolitti a Mussolini» (La Zisa, Palermo, 2001). E aggiunge: «Subì diversi processi politici: nel 1894 per aver partecipato ai Fasci dei lavoratori e nel 1898 per aver preso parte alla Federazione socialista dei Lavoratori di Piana, che secondo i giudici era diretta ad incitare alla disubbidienza della legge e all’odio fra le varie classi sociali». Per questo i Carabinieri scrissero che era un «pregiudicato», esclusero la matrice locale del delitto ed indirizzarono subito le indagini verso San Giuseppe Jato, dove tre giorni prima, nel corso di un comizio di Nicola Barbato per le elezioni provinciali, Mariano Barbato si era lasciato andare a questa affermazione offensiva: «Chi non è con noi è un vigliacco! Abbasso la mafia! Abbasso la camorra!». Un’impostazione non condivisa dal leader socialista Nicola Barbato, che il 26 maggio si recò a Palermo dal giudice istruttore e dichiarò a verbale: «E’ notorio che io sono a capo al movimento di questo locale partito socialista (…) e quei pochi che hanno fin’ora avuto il potere non vedono di buon occhio la loro prossima probabile caduta». Tra quei «pochi» Barbato mette il sindaco Paolo Sirchia, l’assessore Schiadà Luca e l’assessore Fusco Saverio. «Questi tre – spiegò Barbato al giudice – io non l’indico come esecutori dell’assassinio, ma come capaci per la sete di dominio, di andare a suggestionare i delinquenti contro di noi…». In sostanza, Nicola Barbato volle definire un delitto politico-mafioso quello di suo cugino Mariano e del cognato di questi Giorgio Pecoraro. Questa ipotesi di Barbato venne tassativamente (ed imprudentemente) esclusa dal delegato di P.S. di Piana, Andrea Cotugno, che il 7 giugno 1914 scrisse al giudice istruttore: «Conosco … il Sindaco Paolino Sirchia e gli assessori Fusco e Schiadà e conosco pure il loro animo… e perciò non posso ritenere che essi abbiano potuto, non dico determinare, ma neanche ideare semplicemente, un così tenebroso proponimento… ». Come previsto, il 28 giugno 1914 i socialisti vinsero le elezioni a Piana dei Greci ed elessero sindaco l’avv. Giuseppe Camalò, ma l’inchiesta sul duplice omicidio fu archiviata.
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Si può dire che alla fine dell’Ottocento, agli inizi del Novecento, nel primo e nel secondo dopoguerra la lotta per i diritti e la libertà dei lavoratori siciliani fu anche lotta contro la mafia. "Questa lotta - dice Petrotta - fu combattuta principalmente nelle campagne, dove le grandi masse contadine, affamate e senza terra, si mobilitarono sotto la guida del sindacato e del partito socialista prima e comunista dopo per il superamento del latifondo". A Piana questa lotta durissima fu combattuta eroicamente dai contadini, che pagarono un altissimo prezzo di sangue. Infatti, furono eliminati dirigenti politici e sindacali come Mariano Barbato "Laparduni" e Giorgio Pecoraro (20 maggio 1914), Vito Stassi "Carusci" (28 aprile 1921), i fratelli Vito e Giuseppe Cassarà "Portabandiera" (4 maggio 1921), Antonino Ciolino (aprile 1924). E il 1° maggio 1947, a Portella della Ginestra, fu consumata la prima strage contro famiglie contadine inermi. "L’operazione politica che portò il capomafia Ciccio Cuccia a sindaco di Piana - racconta ancora Petrotta - avvenne con l’appoggio del poeta Giuseppe Schirò, irriducibile avversario di Nicola Barbato (...). Lo stesso Schirò difese più volte pubblicamente l’amministrazione mafiosa di Ciccio Cuccia, considerandola "la più adatta per il pacifico sviluppo delle migliori qualità del suo popolo", in grado di aprire un "nuovo periodo della nostra storia". In un discorso tenuto dal balcone del municipio, arrivò persino ad elogiare il capomafia Ciccio Cuccia per avere avuto il merito storico e il coraggio di "avere fatto sparire quel straccio rosso del socialismo dal nostro Comune". Circostanza questa rivelata dalla vedova di Vito Stassi "Carusci", Maria Talento, alle autorità giudiziarie. Dopo il delitto di Mariano Barbato elementi del partito democratico aprirono una aspra campagna di isolamento e di denigrazione contro Nicola Barbato, fatta di insinuazioni e maldicenze, mentre la mafia tentò la sua eliminazione fisica. La mafia non riuscì nel suo proposito per il fatto che Barbato lasciò il paese per Milano, dopo un periodo in cui fu protetto dai suoi compagni.
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giovedì 16 maggio 2013

16 Maggio 1911
Lorenzo Panepinto 46 anni, sindacalista

Lorenzo Panepinto nacque a S. Stefano Quisquina il 4 gennaio 1865, da Federico ed Angela Susinno. Fu maestro elementare e si dilettò pure di pittura. La sua vera passione era, però, la politica, che cominciò a praticare dal 1889, quando fu eletto consigliere comunale nel gruppo dei democratici mazziniani, che mise in minoranza il gruppo dei liberal-moderati fino ad allora al potere. La vecchia maggioranza reagì rabbiosamente, riuscendo a far sciogliere il consiglio comunale ed insediando il regio commissario Roncourt, la cui condotta partigiana non riuscì ad impedire una seconda sconfitta dei conservatori nelle elezioni dell’agosto 1890. Il governo del marchese Di Rudinì commissariò nuovamente il comune e Panepinto si dimise per protesta, dedicandosi all’insegnamento e alla pittura. Poi si sposò e partì per Napoli, ma al ritorno, nel 1893, la Sicilia era in subbuglio per il movimento dei Fasci. Fondò, quindi, il Fascio di S. Stefano, che pochi mesi dopo venne sciolto dal governo Crispi, come tutti gli altri Fasci dell’isola. Per rappresaglia politica fu licenziato dal comune dal posto di maestro elementare, ma non si scoraggiò e continuò i suoi studi pedagogici e di metodologia didattica, pubblicando due interessanti volumi nel 1897.
Nei primi del ‘900, alla ripresa degli scioperi agricoli, Panepinto fu di nuovo in prima linea, al fianco di dirigenti come il corleonese Bernardino Verro e il prizzese Nicola Alongi, insieme ai quali avrebbe messo a punto un cambiamento di strategia politica, puntando a dare ai contadini gli strumenti delle cooperative agricole e delle Casse Agrarie, per emarginare i gabelloti dei feudi.
Tra il 1907 e il 1908 fu in America, ma poi ritornò nuovamente al suo paese.
Il 16 maggio 1911 venne assassinato a Santo Stefano Quisquina, proprio davanti l'ingresso di casa sua, con due colpi di fucile al petto.
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16 Maggio 1955
Salvatore Carnevale 31 anni, sindacalista
Bracciante e sindacalista socialista di Sciara (PA) a 31 anni venne assassinato il 16 maggio 1955 all’alba mentre si recava a lavorare in una cava di pietra gestita dall’impresa Lambertini. I killer lo uccisero mentre percorreva la mulattiera di contrada Cozze secche.
Carnevale aveva dato molto fastidio ai proprietari terrieri per difendere i diritti dei braccianti agricoli: era infatti molto attivo politicamente nel sindacato e nel movimento contadino. Nel 1951 aveva fondato la sezione del Partito Socialista Italiano di Sciara ed aveva organizzato la Camera del lavoro. Nel 1952 aveva rivendicato per i contadini la ripartizione dei prodotti agricoli ed era riuscito ad accordarsi con la principessa Notabartolo. Nell’ottobre 1951 aveva organizzato i contadini nell’occupazione simbolica delle terre di contrada Giardinaccio della principessa. Carnevale per questo fu arrestato e uscito dal carcere si trasferì per due anni a Montevarchi in Toscana, dove scoprì una cultura dei diritti dei lavoratori più forte e radicata.
Nell’agosto 1954 tornò in Sicilia, dove cercò di trasferire nella lotta contadina le sue esperienze settentrionali. Fu nominato segretario della Lega dei lavoratori edili di Sciara. Tre giorni prima di essere assassinato era riuscito ad ottenere le paghe arretrate dei suoi compagni e il rispetto della giornata lavorativa di otto ore.
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16 Maggio 1946
Gaetano Guarina 44 anni, socialista, sindaco di Favara

Gaetano Guarino (Favara, 16 gennaio 1902 – Favara, 16 maggio 1946) è stato un politico italiano, vittima della Mafia.

Nato in una famiglia povera (la madre era casalinga ed il padre ebanista), studiò a Palermo e dopo aver ottenuto nel capoluogo siciliano la maturità classica si laureò nel 1928 in farmacia presso la locale università. Negli anni universitari cominciò a scrivere articoli per L'Avanti!, quotidiano socialista allora clandestino.

Dal 1928 al 1930 lavorò come tirocinante a Burgio, dove conobbe la sua futura moglie. Nel corso degli anni trenta tornò a Favara, suo paese natale, dove acquistò una farmacia esercitando di conseguenza la professione di farmacista: in questi anni Guarino chiese ed ottenne regolarmente la tessera del Partito Nazionale Fascista, anche se probabilmente lo fece solo per poter proseguire la sua attività.

Nel 1943, dopo lo sbarco in Sicilia degli americani, si iscrisse al Partito Socialista Italiano e divenne segretario comunale del PSI a Favara. Il 2 ottobre del 1944, su proposta del prefetto di Agrigento, Guarino venne nominato sindaco del suo paese ma si dimise dall'incarico il 15 settembre del 1945 dopo che tre assessori della Democrazia Cristiana si dimisero dall'incarico.

Guarino lottò contro i grandi proprietari terrieri che sfruttavano la locale manodopera e divenne la voce dell'umile gente che chiedeva l'attuazione delle leggi Gullo-Segni che destinavano alle cooperative i terreni incolti appartenenti ai latifondi: costituì anche una cooperativa agricola, che probabilmente si ispirava alla "Madre Terra" di Accursio Miraglia, ed i "baroni" del latifondo cominciarono a remargli contro.

Il 10 marzo del 1946 si svolsero le elezioni comunali a Favara e Guarino, sostenuto oltre che dai socialisti anche dal Partito Comunista Italiano e dal Partito d'Azione, vinse le consultazioni con il 59% dei voti e fu eletto sindaco; ma la Mafia delle terre non gli perdonò le sue scelte popolari e dopo appena 65 giorni di sindacatura fu ucciso con un colpo di lupara alla nuca.
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giovedì 9 maggio 2013

9 Maggio 1947
Michelangelo Salvia 34 anni, sindacalista

Nelle campagne di Partinico (Palermo) ritrovato il corpo del contadino Michelangelo Salvia, ucciso con colpi di arma da fuoco, ad opera di mafiosi del luogo.