venerdì 21 settembre 2012

21 Settembre 1986
Filippo Gebbia 30 anni, studente
Antonio Morreale pensionato

La prima strage di Porto Empedocle, venne decisa per annientare il clan Grassonelli. Mandante la famiglia Messina. I killer arrivarono a bordo di due cabriolet ed uccisero a colpi di mitraglietta Gigi Grassonelli ed il padre Giuseppe, mentre Bruno e Salvatore sfuggirono per caso ai colpi di mitra. Nell’agguato, eseguito davanti al “Bar Albanese”, morirono altre quattro persone. Tra questi due innocenti Filippo Gebbia, studente 30 anni ed Antonio Morreale, pensionato. Era il 21 settembre 1986. E’ la Prima strage di Porto Empedocle ed inizia la guerra di Cosa Nostra contro la Stidda.
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All’improvviso andò via la luce e la via Roma s’illuminò solo del fuoco delle mitragliette. Una pioggia di proiettili sulla folla, l’oscurità, le grida, l’aria festosa della domenica sera interrotta da uno, due, cento colpi d’arma da fuoco. Sembrava una parata di giochi pirotecnici, ma bastò poco a comprendere cosa stava accadendo. Il sangue sgorgava a fiumi sotto i tavoli del bar Albanese. La gente atterrita cercava scampo, correva all’impazzata mossa solo da paura e terrore. Alcuni cercarono riparo nei portoni dei palazzi del corso, inerpicandosi su per le scale fino a raggiungere l’ultimo piano, altri finirono dietro i banconi dei bar situati tra la Matrice e la piazzetta della farmacia. Altri ancora si stesero per terra dietro gli alberi secolari di via Roma.
Intanto i secondi passavano ed il commando, compiuta la missione di morte, andò via. Per terra si contarono sei morti, tragico bilancio di quella che nella storia viene ricordata come la «prima strage di Porto Empedocle»: un’azione di guerra decisa da Cosa Nostra per rispondere agli affronti ed alle umiliazioni subite a causa della famiglia dei Grassonelli. Il primo della lista era Gigi, poi il padre Giuseppe ed i fratelli Bruno e Salvatore. Il commando stanò solo i primi due, ma si rifece assassinando Salvatore Tuttolomondo e Giovanni Mallia, il loro guardaspalle. Morirono anche due innocenti. Poi, mentre il panico dilagava nel paese fino a ricoprirlo di vergogna, di colpo tornò la corrente elettrica. Fu quasi una magia ed in un baleno Porto Empedocle guardò in faccia la verità: la mafia c’era, aveva esteso i suoi tentacoli, si era intrufolata tra le stradine arabe di via Alloro, si era ancorata nei quartieri vecchi ed all’altipiano Lanterna, la zona satellite rimasta per anni ed anni senza farmacia, senza ufficio postale, strade, cinema, fogne, acqua. Senza civiltà e neanche un medico.
Alfonso Bugeo, Cosa Muta