domenica 2 dicembre 2012

2 Dicembre 1984
Leonardo Vitale 43 anni, mafioso pentito

Leonardo Vitale (Palermo, 27 giugno 1941 – Palermo, 2 dicembre 1984) è stato un mafioso legato a Cosa Nostra ed è considerato il primo pentito. Non è strettamente una vittima di mafia, essendo stato lui pure mafioso. Però la sua storia è emblematica di un certo modo di concepire il fenomeno mafioso in quegli anni.
Vitale raccontò la storia della sua affiliazione a Cosa Nostra, gli omicidi e i delitti da lui commessi, nonché una serie di altri episodi che vedono coinvolti Riina, Vito Ciancimino e altri personaggi minori. Molte dichiarazioni di Vitale saranno confermate dai pentiti successivi, Buscetta in primis.
Non fu creduto, e fu condannato a una pena detentiva di cui scontò dieci anni in un manicomio criminale, visto che era stato dichiarato seminfermo di mente.
Riporto un brano dalla sentenza ordinanza del maxiprocesso, che parla di Vitale. Il brano completo elenca dettagliatamente tutte le sue dichiarazioni con i relativi riscontri e può essere trovato nel libro Mafia, l’atto d’accusa dei giudici di Palermo, a cura di Corrado Stajano (il grassetto è mio).

Il primo collaboratore di giustizia era stato, nell’ormai lontano 1973, Leonardo Vitale, un modesto «uomo d’onore» che, travagliato da una crisi di coscienza, si era presentato in questura ed aveva rivelato quanto a sua conoscenza sulla mafia e sui misfatti propri e altrui.
Oltre dieci anni dopo, Buscetta, Contorno ed altri avrebbero offerto una conferma pressoché integrale a quelle rivelazioni; ma nessuno, allora, seppe cogliere appieno l’importanza delle confessioni del Vitale e la mafia continuò ad agire indisturbata, rafforzandosi all’interno e crescendo in violenza ed in ferocia.[…]
Le confessioni del Vitale sortivano un effetto sconfortante: gran parte delle persone da lui accusate venivano prosciolte, mentre il Vitale stesso, dichiarato seminfermo di mente, era pressoché l’unico ad essere condannato. Tornato in libertà veniva ferocemente assassinato dopo pochi mesi, e precisamente il 2.12.1984.[…]
Le rivelazioni di Leonardo Vitale sono state in buona parte sottovalutate e passate nel dimenticatoio, benché sorrette da numerosi riscontri, e lo stesso Vitale è stato etichettato come «pazzo» (seminfermo di mente) da non prendere troppo sul serio.
Ma l’asserita malattia mentale che lo affliggeva, non comportando, come accertato dal perito, né allucinazioni, né deliri di persecuzione né altre gravi alterazioni psichiche, non escludeva la sua capacità di ricordare e di raccontare fatti di sua conoscenza. Si tratta quindi di valutarne l’attendibilità, che alla luce dei riscontri già allora esistenti e di quelli emersi successivamente soprattutto attraverso le dichiarazioni di Buscetta e di Contorno, appare indubbia.
Il Vitale, come si evince da un memoriale scritto di suo pugno, […] si era indotto a collaborare con la giustizia perché aveva subito una vera e propria crisi di coscienza per i delitti compiuti e si era rifugiato nella fede in Dio. […]
Certamente è possibile che questa sua crisi mistica sia effetto delle sue alterate condizioni psichiche: ma ciò non sposta di una virgola il giudizio sulle sue dichiarazioni.
Leonardo Vitale, scarcerato nel giugno 1984, è stato ucciso dopo pochi mesi (2 dicembre 1984), a Palermo a colpi di pistola, mentre tornava dalla Messa domenicale.
Non dovrebbero esservi dubbi circa i mandanti di tale efferato assassinio, specie se si considera che il delitto è stato consumato in un contesto in cui Tommaso Buscetta, Salvatore Contorno ed altri «pentiti» avevano imboccato la strada della collaborazione con la giustizia.
[…]

A differenza della giustizia statuale, la mafia ha percepito l’importanza delle propalazioni di Leonardo Vitale e, nel momento ritenuto più opportuno, lo ha inesorabilmente punito per avere violato la legge dell’omertà.
È augurabile che, almeno dopo morto, Vitale trovi il credito che meritava e che merita.

Mafia, l’atto d’accusa dei giudici di Palermo, a cura di Corrado Stajano

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