lunedì 10 dicembre 2012

10 Dicembre 1969
Giovanni Domé custode dello stabile in viale Lazio

Giovanni Domé, custode degli uffici del costruttore Moncada in viale Lazio è tra le vittime della strage.

La strage di viale Lazio, avvenuta a Palermo il 10 dicembre 1969, fu uno degli episodi più cruenti della cosiddetta prima guerra di mafia, che si scatenò durante gli anni sessanta.
Un commando composto dei corleonesi Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Calogero Bagarella (ucciso nello scontro a fuoco), e dei due soldati Damiano Caruso ed Emanuele D’Agostino, irruppe con addosso uniformi da agenti della Guardia di Finanza, negli uffici del costruttore Girolamo Moncada in Viale Lazio, a Palermo, covo del boss Michele Cavataio detto il Cobra, capo-famiglia dell’Acquasanta legato alle famiglie mafiose degli Stati Uniti. Cavataio, che si finse morto durante il fuoco corleonese, reagì cercando di colpire al viso Bernardo Provenzano, la pistola si inceppò e quest’ultimo gli fracassò il cranio con il calcio del fucile avendo terminato le cartucce prima di finirlo definitivamente con un colpo di pistola. Tale fu la ferocia tanto che Provenzano si meritò il soprannome di Binnu u’ tratturi.
Morirono il boss Cavataio e altri quattro uomini, fra i quali il custode del cantiere, completamente estraneo ai fatti. Rimasero feriti Angelo e Filippo Moncada, figli del costruttore Girolamo detto Mommo. Degli assalitori morì Calogero Bagarella.
La strage ebbe dunque sei morti e due feriti.
La morte di Cavataio aprì all’interno di Cosa Nostra una ridefinizione delle sfere di competenza delle varie famiglie mafiose, favorendo così la progressiva scalata dei corleonesi di Luciano Liggio verso la Cupola, ai danni delle famiglie palermitane (a distanza di dodici anni verranno eliminati dai corleonesi anche i boss Bontade e Inzerillo).
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