sabato 9 giugno 2012

9 Giugno 1989
Salvatore Incardona dirigente della cooperativa Agriduemila

Salvatore Incardona era dirigente della cooperativa Agriduemila, ucciso dalla mafia il 9 giugno 1989 a Vittoria perché si era rifiutato di pagare il pizzo e aveva sollecitato i colleghi della struttura pubblica a reagire alla mafia.

Salvatore Incardona è un grossista al mercato ortofrutticolo di Vittoria.

Senza dare nell’occhio cerca di convincere i colleghi a non pagare più il pizzo, a firmare tutti insieme una denuncia collettiva contro la banda degli estorsori.

Incardona non si sente un eroe, vuole soltanto difendere il proprio lavoro, non accetta più di sottostare a una soperchieria che lo priva di una parte del suo onesto guadagno.

Il 9 giugno lo aspettano con i fucili a pompa all’uscita da casa: venne crivellato di colpi mentre era al volante della sua auto.

Il figlio, Carmelo Incardona, aveva 25 anni quando suo padre morì. Oggi fa l'avvocato e si è dato alla politica, in Alleanza Nazionale. Ricorda: "Il papà lo diceva apertamente, 'io non pago'. Lo diceva a me, ma anche al bar, in piazza. Ai colleghi che come lui avevano un box al mercato diceva: 'Se ci opponiamo tutti non potranno farci niente'". Ma i suoi colleghi avevano accettato tutti l'estorsione dei Carbonaro-Dominante. L'avevano addirittura istituzionalizzata, come fosse una tassa, un'addizionale da calcolare sulle cassette di legno impiegate: tante cassette usate, tanto pizzo da pagare.

Aveva approvato anche il presidente del consorzio dei commissionari, che si era addirittura recato da Incardona per cercare di convincerlo a non inceppare il sistema. Il commerciante aveva rifiutato. Allora erano entrati in funzione i kalashnikov.

Incardona fu ucciso e tradito due volte. Prima fu lasciato solo a opporsi al racket e consegnato dai colleghi ai suoi killer, poi, da morto, fu abbandonato da chi sapeva e anzi la sua memoria fu inquinata dal sospetto: "Io non sono andato al suo funerale", confessa un politico di Vittoria, "perché se era stato ammazzato poteva essere in qualche modo coinvolto in affari loschi".

Invece era un uomo coraggioso, che fu ucciso due anni prima di Libero Grassi, l'imprenditore palermitano che si oppose al pizzo e fu eliminato da Cosa Nostra nel 1991.

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