martedì 12 marzo 2013

12 Marzo 1909
Joe Petrosino 49 anni, poliziotto statunitense

Giuseppe Petrosino nasce il 30 agosto 1860 a Padula, in provincia di Salerno, dove la povertà e la disoccupazione costringono i lavoratori ad emigrare oltreoceano: gran parte della popolazione di molti paesi del Meridione e nelle aree depresse dell'Italia post-unitaria, si imbarca per cercare fortuna negli Stati Uniti, la “terra delle opportunità”.
Anche il sarto Prospero Petrosino, padre di Giuseppe, lascia l'Italia assieme ai suoi quattro figli, portandosi in valigia grandi speranze di riscatto per ritrovare invece in America, come tanti connazionali, condizioni ancor più dure di quelle appena abbandonate.

Il logorante, disperato viaggio in terza classe è per gli emigranti solo un preludio della vita difficile che li attende a New York: una crudele selezione decide la concessione dei documenti, e dunque i destini di tante famiglie, sull'isola di Ellis Island dove sono raccolti come in un lazzaretto tutti gli stranieri appena sbarcati; gli alloggi a disposizione si trovano in edifici fatiscenti e sovraffollati, le cosiddette five cents houses.
Giuseppe vive a Mulberry street, al centro del quartiere più densamente popolato di italiani, si arrangia a lavorare come lustrascarpe e strillone, impegnandosi a migliorare la propria condizione: frequenta una scuola serale d'inglese ed appresa la nuova lingua, sceglie di americanizzare il proprio nome in “Joe”.

Ormai maggiorenne, Petrosino ottiene la cittadinanza americana e viene assunto nella nettezza urbana, che all'epoca è un reparto della polizia cittadina; verosimilmente, una collaborazione nel ruolo di informatore lo prepara ad approdare infine, nel 1883, all'arruolamento nel 23° distretto.
In divisa, Joe si trova presto a fare i conti con le gang che spadroneggiano a Little Italy e diviene, in quanto primo agente di madrelingua italiana, un validissimo elemento per la polizia altrimenti impossibilitata a contrastare la criminalità all'interno di una comunità impenetrabile. […]

Per far fronte al crescente dominio della malavita, che stringe nella sua morsa la popolazione italiana di New York (all'epoca, per numero di abitanti inferiore soltanto a Napoli), la polizia ingaggia una battaglia durissima e inizia ad ottenere i primi risultati importanti proprio grazie al solerte lavoro di Joe Petrosino.

Con metodi piuttosto bruschi, grazie anche a nuovi metodi di ricerca investigativa quali la schedatura, il travestimento e la creazione di una fitta rete di informatori, Petrosino combatte con successo taglieggiatori e delinquenti isolati, ed inizia ad occuparsi anche delle gang, le bande della criminalità organizzata colpevoli di estorsioni e delitti efferati.

L'agente Petrosino ripercorre le diverse tracce che, da singoli episodi di intimidazione, portano tutte ad una fantomatica associazione segreta denominata “Mano Nera”; tuttavia non riesce ad appurare con sicurezza se l'inquietante sigillo che accompagna minacce ed attentati, in origine adottato da gruppi anarchici, rimandi ad un'organizzazione effettivamente operativa o piuttosto racchiuda in un simbolo unico i diversi ed autonomi volti della malavita a Little Italy.
Una svolta determinante arriva nel 1903, quando il cadavere di Roberto Madonia, ritrovato compresso in un barile, è direttamente ricondotto al locale “Stella d'Italia” frequentato dai malavitosi agli ordini di Cascio Ferro: ottenuta la confessione del già carcerato Giuseppe Di Prima, Petrosino procede personalmente all'arresto di Joe Morello, proprietario del locale, e si vede tributare un trionfo dalla stampa quando le condanne al processo sembrano aver definitivamente sgominato la banda criminale.
Ciò nonostante Vito Cascio Ferro, il mafioso più importante e pericoloso, approfittando di un rilascio su cauzione riesce a raggiungere un rifugio sicuro in Sicilia.

L'esito dell'operazione, comunque felice, fa guadagnare a Petrosino la stima del presidente Theodore Roosevelt in persona, che nel 1905 lo promuove a Tenente e gli affida l'appena costituito Italian Branch, un dipartimento di polizia specificamente italo-americano.
Alla testa di questa particolare squadra, Petrosino conduce una guerra aperta contro la criminalità che finisce col registrare oltre 2500 arresti e 500 espulsioni, ma si convince che sia necessario un intervento in Italia per interrompere alla fonte il continuo afflusso di mafiosi verso New York.[…]

Il capo della polizia newyorkese, Teddy Bingham, autorizza così Petrosino a recarsi in missione segreta a Palermo, per esaminare i casellari giudiziari alla ricerca di dati compromettenti sugli affiliati alla Mano Nera. Il progetto ha il benestare di Roosevelt ed è finanziato da banchieri e affaristi come Rockefeller, per i quali la mafia costituisce un danno economico considerevole.
Il 9 febbraio 1909, il tenente Petrosino si imbarca in incognito per l'Italia, alla caccia di prove scritte che possano confermare l'esistenza di un torbido legame tra mafia e politica, ma al momento della partenza il suo principale Bingham si lascia sfuggire indiscrezioni che compromettono l'anonimato della missione.

A Roma, il capo della polizia Francesco Leonardi accoglie l'illustre collega oriundo alla sua prima tappa e dirama alle prefetture, in particolare in Sicilia, l'invito ad offrire la massima collaborazione possibile per la riuscita delle operazioni di investigazione.
La trasferta è però per Petrosino una corsa contro il tempo il cui esito è già deciso, e si rivela estremamente rischiosa tanto più perché condotta allo scoperto: Cascio Ferro ha ordinato l'eliminazione del suo nemico giurato, e due sicari si sono messi in viaggio da New York per raggiungerlo in Sicilia.

Nel marzo 1909, Joe Petrosino arriva a Palermo e fa visita al console americano Bishop per illustrargli la propria intenzione di perseguire, assieme ai mafiosi, anche gli elementi collusi dell'imprenditoria e della politica locale, compresi alcuni notabili candidati alle imminenti elezioni.
Il 5 marzo, l'accertamento decisivo al tribunale si risolve però in un fallimento: le cartelle penali dei criminali indagati risultano inspiegabilmente vuote o deliberatamente cancellate.

Riconoscendo sulle affissioni elettorali i volti di personalità entrate in contatto negli Stati Uniti con Cascio Ferro, Petrosino realizza di essere, nei fatti, rimasto da solo nella battaglia, e di non potersi fidare ciecamente delle autorità italiane: rifiuta perciò la scorta che gli offre il questore palermitano Ceola, persuaso di poter contare sugli informatori profumatamente pagati con il finanziamento della missione.

A Caltanissetta, il 12 marzo Joe Petrosino riesce finalmente a trovare intatte preziose informazioni sui pregiudicati della mafia, ed ottiene il definitivo riscontro del fatto che i mafiosi godono di un'insospettabile protezione nei palazzi del potere. Ma la stessa sera del 12 marzo 1909 rientra a Palermo e, appena uscito dal suo alloggio presso l'Hotel de France per incontrare un confidente, è bersaglio di un agguato in Piazza Marina.
Raggiunto da quattro colpi di pistola, il tenente Joe Petrosino muore senza poter concludere la sua importante missione, come una delle prime vittime di un sistema perverso che non cessa di uccidere ancora oggi.
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