sabato 26 maggio 2012

intervista ad Antonio Ingroia


Anche oggi il fuoco tace.
Ne approfitto per proporvi l'analisi dello stato attuale della mafia di Antonio Ingroia, tratta dal suo libro Nel labirinto degli dei.
La trovate qui (il grassetto in fondo all'articolo è mio)

La mafia che spara e quella nei salotti. Come combatterla?
di Antonio Ingroia. L’Unità, 15 Novembre 2010.

A chi si occupa di mafia, a chi in qualche modo è ritenuto un esperto – giornalista o magistrato, storico o poliziotto, ministro o mafioso pentito – viene sempre rivolta la stessa domanda: «A che punto è la lotta alla mafia? La mafia vince o perde?». Domande semplici, da verdetto sportivo. Domande che spesso ricevono risposte semplici, o semplicistiche, e anche discordanti. Gli ottimisti, soprattutto se hanno da vantare qualche merito vero o presunto (o più presunto che vero) nella lotta alla mafia, la dichiarano, in termini pugilistici, in ginocchio, all’angolo, alle corde, se non addirittura stesa al tappeto. Non vorrei complicare le cose, ma purtroppo la domanda posta in termini semplici (di vittoria o sconfitta) per me è mal posta. Perlomeno si dovrebbe integrare con un’altra domanda: che cosa pensiamo che sia la mafia?

C’è un modo di essere della mafia che è tragicamente sotto gli occhi di tutti. Perlomeno, sono sotto gli occhi di tutti gli effetti della sua presenza: violenza, omicidi, stragi. Sotto questo aspetto la mafia si può identificare e anche confondere, con una potente e sanguinaria organizzazione criminale dedita ai suoi fini illeciti. È innegabile che la struttura gerarchico-militare di Cosa Nostra abbia subìto negli ultimi anni colpi durissimi. (...) Tuttavia la mafia non è vinta, perché la mafia è anche altro. (...) Cosa Nostra è molto di più della sua struttura gerarchico-militare. È un sistema criminale, un sistema economico-criminale organizzato sul territorio, che fa della violenza, della capacità di intimidazione, soltanto uno strumento per accumulare ricchezze e incrementare il proprio potere. A questo scopo elabora strategie verso l’esterno, stringendo alleanze con pezzi della società ove agisce, intessendo una rete di relazioni, fino a connettersi con ambienti e soggetti del potere legale. È proprio questo modo d’essere, iscritto si può dire nel suo codice genetico, che distingue la mafia dalle altre organizzazioni criminali. Un carattere distintivo che l’ha accompagnata nella sua storia plurisecolare, le ha garantito l’impunità e ha favorito, nel tempo, il ricambio dei suoi quadri.

Nel processo di osmosi tra organizzazione criminale e potere legale, un ruolo influente è svolto dagli esponenti di questo potere che «concorrono dall’esterno» all’associazione mafiosa. Una sorta di anello di congiunzione, un corpo di ufficiali di collegamento tra il fronte mafioso e le retrovie acquartierate nella società civile e nelle sue strutture istituzionali: politici, professionisti, funzionari pubblici. E spesso non si limitano a concorrere dall’esterno. (...) In questa fase storica la mafia si presenta con un volto meno sanguinario. Sembra avere abbandonato le strategie criminali stragiste, di contrapposizione radicale, anche perché costretta ad allentare il controllo del territorio, Sotto la pressione dell’azione statale di repressione. Con la sua tradizionale capacità di adattamento, ora è più orientata allo sfruttamento finanziario delle sue risorse e dei suoi investimenti. Indebolita nella presa sul territorio, la mafia delocalizza le attività illecite, incrementa la mobilità delle proprie ricchezze e si apre ai mercati internazionali. (...) Nel nuovo corso dell’economia mafiosa acquistano un ruolo crescente i «colletti bianchi», quel ceto di professionisti della finanza, di consulenti del riciclaggio, dai quali dipende la buona riuscita degli investimenti del denaro sporco via via accumulato, soprattutto negli anni d’oro del dominio mafioso. (...) Questo è il volto «pulito» con cui oggi la mafia prevalentemente si presenta. Il volto con cui è tornata nei «salotti buoni» della borghesia siciliana, dell’economia, della politica e della finanza. (...) La mafia perfettamente integrata nel potere legale, la mafia finanziaria, dai colletti bianchi e dal volto rifatto, in quei salotti è oggi più insediata che mai. Se ci si limita a percepirla e a contrastarla come un fenomeno genericamente delinquenziale, limitandosi a perseguire e a colpire la sua componente militare, quella oggi forse meno insidiosa, è come voler guardare solo una faccia della luna. Così, mentre si va fieri dei successi conseguiti «sul campo», Cosa Nostra, attraverso la sua faccia «perbene», continua indisturbata a infettare il sistema economico-politico non solo della Sicilia, ma dell’intero paese. Conoscerla la mafia, e volerla conoscere tutta, per combatterla meglio attraverso una strategia complessiva di contrasto: questo sempre si dovrebbe tentare di fare, questo non sempre si vuole fare. Per cattiva conoscenza, per cattiva volontà, o per complicità?